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Are them the resurrection?

  • Writer: Andrea Bogoni
    Andrea Bogoni
  • Aug 18
  • 2 min read

Updated: Aug 19


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Gli Oasis tornano, e l’effetto è quello di un déjà vu collettivo: stadi pieni, cori che conosciamo a memoria, merchandising che vola via in poche ore. Non è una resurrezione, ma il ritorno di un marchio che continua a funzionare, capace di trasformare la nostalgia in presente.


Il piacere di riascoltarli

Non c’è nulla di nuovo, eppure funziona lo stesso. Brani come Live Forever o Don’t Look Back in Anger non hanno bisogno di presentazioni. È musica che ha già fatto la storia e che oggi ritroviamo intatta, come un rito condiviso. Non a caso il Guardian ha parlato di un’esperienza “magically, exhaustingly uplifting”, un modo elegante per dire che non si tratta solo di canzoni, ma di un fenomeno emotivo collettivo.


Comunità e appartenenza

In tempi incerti, un tour così diventa anche altro. Le serate Oasis sono state raccontate come momenti di coesione nazionale, di leggerezza e di ottimismo condiviso. Una specie di gigantesco karaoke che restituisce alla gente un senso di comunità perduto altrove. Non c’è revival senza pubblico, e qui il pubblico non è spettatore: è parte del rito, la voce che riempie lo stadio quanto quella di Liam.


Gli Oasis li ascolto da sempre, e i primi due album restano quelli a cui sono più legato. Anche per questo avrei voluto esserci. Ho passato ore in coda con alcuni carissimi amici, praticamente una giornata intera, tutti collegati da remoto tra Svizzera, Italia e UK con l’unico obiettivo di conquistare un biglietto. Non ci siamo riusciti, ma quella giornata è rimasta come un piccolo evento a sé, fatta di attese, battute e condivisione. E viene da chiedersi: quale altra band, oggi, riesce ancora a generare qualcosa del genere?


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Il marketing come amplificatore

Attorno alla reunion si è mossa un’intera industria. Adidas ha firmato una collezione dedicata: sneakers, bucket hat, giacche in edizione speciale. Levi’s ha rilanciato con parka e giubbotti che riportano dritti agli anni ’90. Lidl, con la consueta ironia, ha trasformato una giacca sfacciatamente ispirata al parka Berghaus di Liam in un'edizione limitata, completa di tasche refrigerate e zip apribottiglie, con murales a Manchester e ricavato devoluto in beneficenza. Operazioni brillanti, che mostrano come il brand Oasis abbia imparato a parlare la lingua della cultura pop contemporanea.


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Nostalgia in prima fila

Non c’è nuova musica, nessun album inedito. Solo la forza intatta di un repertorio che ha segnato un’epoca. È nostalgia pura, ed è proprio questo il punto: funziona perché le persone vogliono rivivere quei momenti, quelle emozioni. Il marchio Oasis non deve inventare nulla, deve solo rimettere in scena ciò che già appartiene all’immaginario collettivo.


Gli Oasis non riportano in vita niente che non fosse già vivo nella memoria di chi li ha seguiti. Per la vera resurrezione, quella l’avevano già cantata gli Stone Roses.



Credits: - Cover e immagine concerto: Oasis

- Terza immagine in pagina: Adidas

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