Tutti i cliché vorrebbero tedeschi e italiani troppo diversi per lavorare insieme. Tuttavia chi conosce l’industria automobilistica sa bene che la realtà è distante dai luoghi comuni. Da decenni le aziende germaniche si avvalgono di componentistica italiana e viceversa, la qual cosa suppone strette collaborazioni che evidentemente danno risultati positivi. Uno degli esempi più illustri é il progetto M1, l’unica autentica supercar mai prodotta da BMW.
Alla fine degli anni ’70 a Monaco si erano convinti ad ostacolare il successo agonistico della Porsche che inanellava una vittoria dietro l’altra in ambito GT. Vittorie che riflettevano risultati eccellenti anche a livello di vendite, tanto che la 911 era ormai diventata un’icona in ambito automobilistico.
Per non interferire sulla normale produzione di serie, i vertici aziendali decisero di affidare parte dell’ingegnerizzazione e della produzione della M1 a partner esterni, prevalentemente italiani. E cosi l’Italdesign di Giorgetto Giugiaro venne incaricata dello stile, meccanica e assemblaggio vennero affidati alla Lamborghini, mentre gli pneumatici furono prodotti dalla Pirelli. A Monaco si concentrarono sul gruppo motore-cambio che sarebbe rimasto appannaggio completo dei tecnici bavaresi.
I problemi economici della Lamborghini fecero saltare l’accordo, ma dopo un periodo di incertezza il progetto fu reso possibile grazie ai fornitori indipendenti del marchio modenese. Le aziende Fratelli Marchesi e TIR si occuparono rispettivamente della realizzazione del telaio e della scocca, mentre l’assemblaggio venne finalizzato dalla Italdesign.
Il motore, alloggiato in posizione centrale come sulle blasonate super sportive italiane, era di classica impostazione BMW: un sei cilindri in linea da 3,5 litri in grado di erogare ben 277 CV, un valore davvero eccezionale per l’epoca.
Telaio minimalista e carrozzeria dal profilo a cuneo ricordavano le celebri concorrenti italiane dell’epoca: Ferrari 308, Lamborghini Urraco e Maserati Merak (quest’ultima disegnata dalla stessa Italdesign). Tuttavia il carattere della M1 era distinto: le linee semplici e nette, l’assenza di appendici, il funzionalismo degli interni le donavano una certa sobria eleganza, tipicamente germanica.
Ne risultava un’auto iconica, bellissima e dalle prestazioni perfino superiori a quelle delle cugine d’oltralpe. Nondimeno le caratteristiche che rendevano la M1 ancora più speciale erano la facilità di guida e il comfort eccezionali per vetture di questo genere.
Purtroppo i ritardi produttivi resero difficile l’adattamento della vettura ai regolamenti FIA che in quegli anni venivano aggiornati frequentemente, la nuova nata faticava a starne al passo e la sua carriera agonistica ne risultò compromessa.
Per contro il successo di critica e pubblico fu tale che la M1 divenne, e rimane tuttora, una creatura quasi mitologica per gli appassionati BMW. Oltre alle doti indiscusse, la super sportiva italo-tedesca fu la prima creazione della neonata divisione Motorsport la cui storia, sportiva e commerciale, fu cosi fortunata da diventare un brand a sé.
Dopo la M1 a Monaco abbandonarono la strada delle super car di lusso, concentrandosi con successo nella realizzazione di vetture sportive, sia stradali che da competizione, derivate dalle berline della gamma BMW e contraddistinte dal marchio “M”.
Non c’è dubbio che negli anni ’70 gli uomini dell’elica puntassero davvero in alto e che lo facessero sul serio. Ne risultò che non batterono la 911 e probabilmente non impensierirono mai i dirigenti di Ferrari, Lamborghini e Maserati. Tuttavia senz’altro costruirono le basi per una serie di automobili fra le più veloci e affascinanti di tutti i tempi.
Leo Burnett diceva: "When you reach for the stars you may not quite get one, but you won't come up with a handful of mud either".
Il marchio M
In pochi conoscono l’origine dell’iconico marchio M di BMW. La M come é noto sta per Motorsport. Le tre strisce oblique invece, oltre ad evocare velocità e dinamismo, assumono un preciso significato solo se interpretate da un punto di vista cromatico: l’azzurro evoca la bandiera bavarese, il rosso rappresenta Texaco che negli anni ’70 era il partner principale della divisione Motorsport. Il viola che sta in mezzo é derivato dalla fusione delle due tonalità, rappresenta la collaborazione fra le due aziende e dà origine a una combinazione cromatica armonica e riconoscibile.
Ho alcuni amici che hanno dato il loro piccolo contributo al marchio dell'elica. Questo é per loro.
Crediti: - Immagine di copertina e ultima fotografia di BMW Group - Altre fotografie da Classic Driver
- Infografica di Marta Bissichini
- Traduzione inglese di Paris Nobile
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